In Media stat virus?

Tempi duri per chi si occupa di motori, in questo caso però non parliamo di motori termici per auto teutoniche, ma di motori banner e di tutto quanto concerne alla compravendita di spazi pubblicitari online. Molto meno caldi e inquinanti dei diesel con il barbatrucco ma anch’essi con qualche problema di “magheggi” sui risultati.

La campagna banner ha performato ottimamente ma le conversioni sui siti sono scarse? A poche ore dalla chiusura di una campagna banner ecco che arrivano a frotte gli ultimi ritardatari facendo registrare accessi giornalieri mai visti nei giorni precedenti? Tempi di permanenza medi ridicoli solo per i visitatori provenienti da alcuni banner? Non vi è mai capitato o semplicemente non ci avete fatto caso?

Da anni, causa la mia posizione di “consulente pseudo-strategico” che mi mette in mezzo a Clienti e Centri media (e quando presenti anche alle Agenzie di comunicazione “tradizionali” coinvolte), mi ritrovo a valutare i piani media per acquisto spazi web e ad analizzare a posteriori dati e risultati di attività digital varie (siti, landing page, concorsi online, UGC, app, ecc…).
E da tempo i conti non tornano. Per cui “combatto” una personale battaglia alla ricerca di una trasparenza che in ambito di acquisto spazi “a performance” sembra mancare, senza che nessuno si ponga il problema più di tanto, nemmeno coloro che quegli spazi li pagano e pure profumatamente.

Ho lanciato appelli anche attraverso il profilo Facebook personale e di Amoilweb, ne ho parlato con concorrenti e colleghi, fatto accenni ad ogni Cliente e coinvolto conoscenti operativi all’interno dei Centri media e di quelle strutture deputate a contrattare, acquistare ed erogare spazi banner, skin, DEM e ammennicoli online a pagamento. Sempre alla ricerca di una conferma chiara che la mia sensazione, purtroppo piuttosto ricorrente, fosse qualcosa di più che un semplice sospetto e per poterne finalmente parlare avvallato da altre esperienze. Qualcuno annuisce, altri declinano perché “non si preoccupano loro delle performance”, altri dicono “possibile”, altri confermano ma senza dati a supporto o con poca voglia di parlarne. In rete circolano ogni tanto articoli più o meno strutturati sui rischi e possibilità ma non tali da averne una visione dettagliata (o magari semplicemente non vi sono incappato io).

Per fortuna però ci ha pensato Bloomberg qualche giorno fa con questo articolo che senza mezzi termini riporta chiaramente una visione più realistica con esempi a supporto di quello che a mio parere è davvero un grave problema che penalizza, forse ancor più dell’incompetenza diffusa, tutta la categoria di chi si occupa di comunicazione digital con perdite di credibilità e uso discutibile di soldi delle Aziende (e quindi dei Consumatori).

A study done last year in conjunction with the Association of National Advertisers embedded billions of digital ads with code designed to determine who or what was seeing them. Eleven percent of display ads and almost a quarter of video ads were “viewed” by software, not people.

Payperclick, payperview, generazione lead, conversioni e partecipazioni attive: quale che sia l’obbiettivo delle campagne la sensazione che vi sia la diffusa abitudine a “far tornare i conti”.
Ancor più prezioso lo studio di fine 2014, redatto in maniera meticolosa dalla americana ANA – Association of National Advertiser – che ho scoperto proprio grazie all’articolo su Bloomberg e ho iniziato ad approfondire ma che, per la completezza e profondità, mi richiederà un po’ di tempo per essere analizzato in dettaglio. Lo condivido subito perché anche altri interessati al tema, ammesso che ve ne siano visto l’apparente disinteresse diffuso, possano trarre le loro conclusioni: ANA-White Ops – The Bot Baseline – Fraud in Digital Advertising

La completezza dello studio dà sicuramente più garanzie sui dati di quanto non possa averne rilevati io monitorando un numero comunque contenuto di campagne (anche se relative ad importanti aziende e multinazionali e con piani mediamente intorno ai 100mila euro o più). Lo studio parla di 36 aziende coinvolte, 181 campagne monitorate e 5 miliardi e mezzo di impression tracciate in 60 giorni e l’esito è altrettanto impressionante:

11% di bot rilevati su Display ads e 23% su Video ads.

C’è da impallidire, soprattutto considerando che si tratta di medie e che stiamo parlando di campagne su cui girano davvero tanti tanti soldi con acquirenti attenti a ciò che comprano.

Possibile che proprio la parte “ricca” della comunicazione digitale, tolta la quale son pochi gli spiccioli che restano per strategie/progettazione/produzione, sia affetta da dispersioni così importanti? Possibile che nessuno dei vari soggetti coinvolti (Cliente, buyer, centri media, concessionarie) non abbia mai notato nulla di strano nei dati?

Dalla mia esperienza posso testimoniare che andando attraverso i dati di Google Analitycs e i nostri database, senza tool particolari ma con un minimo di tracking sulle campagne attivate, abbiamo notato come in quasi tutte le campagne su cui abbiamo avuto visibilità vi sono sempre dei dati anomali o non sempre facilmente spiegabili. La cosa non può essere considerata estesa a tutti i siti presenti nelle campagne né a tutte le concessionarie ma a maggior ragione non si spiegano come determinate situazioni, a parità di formati, restituiscano esiti così discordanti.

In particolare succede sovente che:
– i tempi di permanenza su campagne PCP siano molto differenziati in funzione delle provenienze. Su campagne display, analoghi formati e analoghi messaggi, chiaramente i tempi di permanenza sono decisamente più bassi rispetto a quelli degli utenti provenienti da referral non paid o attraverso ricerche e accesso diretto. La cosa è “normale” in quanto il banner potrebbe contenere un messaggio più o meno teaser e invitante ma giunto sul sito l’utente si renda conto di non essere affatto interessato a quel contenuto. Vero è che registrare masse percentualmente importanti di utenti con tempi di permanenza ridottissimi (2-3 secondi), tutti provenienti da medesimo banner lascia straniti quando la media delle altre concessionarie veleggia su tempi medi oltre i 30″. Diventa veramente molto sospetto nei casi in cui nelle ultime 48 ore dalla chiusura di una campagna si evidenziano accessi fino a dieci volte tanto i giorni precedenti (teoricamente con medesima frequenza e posizionamento) e si potrebbe pensare che qualcuno è “sotto” rispetto al venduto e ha quindi aumentato la frequenza e distribuzione nel proprio portale. Quando però tali volumi portano accessi con oltre il 90% degli atterraggi che si soffermano sui 2″, diversamente dalle medie ben più generose dei giorni prima, ecco che il sospetto tende a evolvere.

– in campagne di lead generation, legate quindi alla registrazione di un utente come termine per ricevere il compenso, capita di notare valori di conversione in presenza di email di double optin ridicoli solo da alcune provenienze. Ovvero se mediamente il 90% degli utenti che si registrano confermano la registrazione via email, da campagne banner si passa a circa 80%. Ma da alcuni banner o dem ecco che la conferma si attesta al 50% o meno. Un caso poi che rimarrà nella mia memoria e in cui il “pagamento” scattava alla conferma di registrazione (quindi double optin) si è verificata una anomala casistica: una volta atterrati sul link di conferma agli utenti sarebbe bastato un ulteriore click per loggarsi e partecipare al concorso collegato. Login mediamente effettuato dalla quasi totalità degli altri utenti (sia da altri banner che diretti) con partecipazione attiva del 70% da altri banner e 96% da “spontanei”. Per una concessionaria abbiamo registrato che il 27% degli utenti partecipava mentre tutti gli altri non hanno nemmeno eseguito il login. Possibile che un utente clicchi su un banner, arrivi su un sito, si registri, confermi la email e non effettui un click che gli permetta di vincere un premio? A guardare i dati di registrazione in dettaglio si sono evidenziati dati plausibili ma con email talvolta sospette.

– in campagne con video banner si denotano numeriche di accessi rilevantissime con tempi di permanenza ai minimi storici, inconfrontabili con altre provienenze da display, referral o diretti. Dati incomprensibili, ascrivibili a oltre la metà del tempo medio da altri banner display e con bounce rate altissimi (accedo ad una pagina e esco dal sito senza navigarne altre). Il problema è che in mezzo vi sono alcuni grandi nomi per i quali, indipendentemente dalla campagna e dal cliente, questi tempi si riducono ulteriormente e se un utente diretto “perde” mediamente 2 minuti sul sito, da display si stufa dopo 32-35 secondi, da videobanner in alcuni casi ci saluta dopo 19″ e in molti altri dopo nemmeno 5 secondi. Anche qui la strana coincidenza che sul finire di campagna i tempi scendono clamorosamente mentre i visitatori salgono. Strane stranezze.

Chi fa il furbo? Non importa più di tanto, anche considerando che nei casi sopra raccontati (esito di più e più situazioni analoghe e non di singole casistiche) nel momento in cui andiamo a mostrare i dati non vi è mai la possibilità di muovere un vero j’accuse: i motivi vengono spesso ricercati nell’inefficacia dei messaggi e dei formati prodotti e nel disinteresse verso siti/landing/ portali di atterraggio (“io ve li porto gli utenti ma se poi non interessano i contenuti non dipende da me”). Davanti però a disallineamenti all’interno della stessa campagna davvero anomali, comprensibili anche al Cliente, il massimo che ho ottenuto sinora, presentando report argomentati in attesa di un responso, è stato: “non lavoreremo mai più con questa concessionaria”. Salvo trovarla proposta dallo stesso Centro Media alle medesime condizioni in una campagna successiva per altro brand della stessa multinazionale.
Quel che credo conti, come ben spiega nelle ultime pagine il documento dell’ANA, è che tutti abbiano interesse a non “rovinare” la reputazione del proprio ruolo e del mercato, dotandosi degli opportuni mezzi di controllo, degli strumenti contrattuali per impedire facili furberie e monitorando con pazienza e cognizione di causa ciò che si sta vendendo / comprando e soprattutto verificando gli esiti. La sensazione è che alla fine i soldi circolino, i conti tornino e facciano gioco a tutti e che un vero ROI, in ambito digital, ancora si può nascondere tra le pieghe di qualche numero ad effetto (tipico numero pìpparo, direi).

Chiudo questo lungo pedante post con alcuni sentitissimi consigli verso chi ha il fondamentale compito di definire i piani media, scegliere siti e concessionarie e incassare la parte golosa dell’ancora scarno bottino degli investimenti in advertsing digital:
SIATE LABORIOSI: basta repliche di piani media visti e stravisti, basati sui soliti gettonatissimi siti di informazione che vi danno tanta sicurezza. Provate a targetizzare per davvero, tarate le campagne sulle reali necessità e costruite dei piani media interessanti.
SIATE ACCORTI: come non sospettare quando si vedono campagne rilasciate su formati palesemente non performanti, falsati nei dati e poco efficaci nelle redemption? Perché non ho mai visto circolare un vero report a commento dei risultati ma solo delle sottospecie di conti della spesa fatti sulla carta da salumiere “comprato tot. , erogato tot.”. Non un commento, non una raccomandazione. E se si chiede documentazione arriva la replica di ciò che trovo su Analitycs senza nemmeno due righe a commento.
SIATE LIMPIDI: lo sappiamo che avete degli interessi specifici a proporre determinati player piuttosto che altri. È una regola di mercato: ma se proponete delle soluzioni che fanno comodo solo a voi allora entra in gioco la deontologia. E i numeri. Santo cielo, i numeri. Non barate, che mi ricordate quel Centro Media che a metà campagna, rispondendo alla mia “strana” richiesta di ricevere il rendiconto sino al momento inviò già i dati finali in un report ben impaginato. Peccato che per errori di comunicazione interna quel report era già pre-fatto per l’invio a fine campagna, con ovviamente i numeri dell’acquistato dal Cliente (opportunamente “spezzati” perché non risultassero tondi tondi e quindi impossibili). A metà dell’attività. Da un collega che, poverino lui, inviò quel report già preparato e non sapeva che la campagna di cui gli chiedevo (il responsabile era irraggiungibile) ancora non era terminata.
SIATE PROTETTIVI: va bene. Certe volte non ci sono magheggi. Ma è pur vero che il canale video di uno dei più grandi quotidiani italiani ha notoriamente dei preroll video che non sono skippabili ma che gli utenti, è evidente dai numeri, cliccano sul countdown dei secondi o nell’angolo in alto a destra convinti di chiuderlo e si ritrovano sul sito del malcapitato Cliente pagante. Ciononostante mi venite ancora a dire che è quello che performa meglio e alle mie obiezioni non sapete che dire (e poi me lo ritrovo in tutti i piani media). Proteggere il Cliente è proteggere voi stessi.
SIATE SERI: spesso vi trovate davanti dei Clienti che portano a mo’ di vessillo la loro ignoranza in materia. Deontologia vorrebbe che presentare le opportunità e i limiti sia un vostro primario compito. Io, nell’angolo del grande tavolo della sala riunioni, prima che abbiate modo di conoscermi per bene e correggere il tiro, sono spesso lì che taccio e ascolto. E non sento cose da “ignoranti”, pubblicabili tra i post di questo blog. Sento delle volontarie castronerie per irretire il Cliente e spacciargli soluzioni adducendo a bufale tecniche e girando la frittata che sono palesemente volte a fargli credere ciò che a voi conviene. Poi intervengo e siete tutti sui vetri con i vostri “però forse non ci siamo spiegati bene”.
SIATE COMPETENTI: vada pure che ci ammorbate con i nuovi ritrovati tecnologici grazie ai quali le campagne si strutturano, si propagano e si correggono da sole (e anche clicchino, a quanto pare). Vada anche che Shazam negli spot è una figata ma sulle performance nessuno dà mai una chiara visione delle redemption medie. Ci sta che delle campagna Facebook ci spiegate quanto è facile crearle, agganciandole e sganciandole secondo l’andamento, e mai nessuno, nemmeno su esplicita richiesta, le stacca anche quando stanno solo erogando reach pagata e inefficace (perché altrimenti non arrivate alla vostra soglia). Mi diverte se ci spiegate (in maniera quasi fantascientifica ma tecnicamente impossibile) come “funzionerebbero” i banner in second screen erogati sulla base del palinsesto televisivo che l’utente sta visionando. Ma se poi, dopo tutti questi argomenti tecnici, non riuscite a mettere insieme le competenze per capire che Flash è oramai inutilizzabile e non sapete nemmeno cosa sia un banner HTML5 vuol dire che dovete studiare. E lo so che molti di voi, spesso i meno giovani, sono quelli che si sono riciclati loro malgrado perché fatti fuori dalla parte di acquisto “tradizionale”, dove per intenderci girano i veri budget. Però studiare non costa nulla e sul web, quello che vi dà da mangiare, potete trovare tutto quello che vi serve per mettervi in pari con il programma.

Ecco. Se sarete tutte queste cose, laboriosi, accorti, limpidi, protettivi, seri e competenti forse potremo essere amici. E a quel punto, anche se vi dovesse scappare qualche click in più, sono certo che me ne starei buono nell’angolo del grande tavolo della sala riunioni. Perché perlomeno vorrebbe dire che a usare bene dei soldi che vi vengono dati ci state provando.

21 thoughts on “In Media stat virus?

  1. MAX FOL ha detto:

    dopo questa tua doverosa denuncia, credo che ti daranno la scorta!

  2. ilcomizietto ha detto:

    Ho capito la metà di quello che hai scritto, ma immagino che la situazione sia “grave”. Quello che non capisco è chi ci guadagna a fare robot che vanno in giro a fare click sui banner. (È questo quello che succede, no?)

    Personalmente penso che la pubblicità sul web sia stata usata, nel recente passato, troppo e male e sono per primi gli utenti ad evitarla o ad usarla in modo improprio. (Quante volte si clicca sulla pubblicità di un sito amico per fargli aumentare i contatori?) Una presenza più discreta e più mirata – mi sembra tu lo scriva anche qui sopra, nelle tue raccomandazioni – costerebbe forse di più, ma porterebbe clienti più motivati.

    Grazie per questa riflessione.

    • amoilweb ha detto:

      Il guadagno é ripartito, da qui deriva una ingenua connivenza tra i coinvolti: il sito ospitante i banner guadagna perché pagato per ogni click o view, chi come concessionaria gestisce gli spazi e ne vende i pacchetti vende migliaia o milioni di click o view, i centri media nei fatti erogano piani media efficaci (almeno in teoria) e anche loro guadagnano a volume. Il Cliente ci rimetterebbe se non fosse che, specie nelle grandi aziende, il marketing che decide queste attività di advertising deve portare risultati e quindi, veri o meno che siano, può vantare il raggiungimento di obbiettivi tanto i soldi non sono i suoi e li gestisce l’ufficio acquisti. In ultimo gli uffici acquisti trattano con i centri media i costi per cui hanno come unico obbiettivo stressare gli sconti, tanto ciò che é da comprare e perché é un problema del marketing.
      Noi, che potremmo farci i cazzacci nostri e limitarci a gongolare come tutti per i numeri di visitatori raggiunti, andiamo a capire veramente come é andata e ci troviamo a dover giustificare come mai volumi importanti di visitatori se ne vadano senza approfondire i contenuti…

  3. paro76 ha detto:

    “SIATE COMPETENTIhihihihihihiihihihihihihihihihihihhiihihihihihihihihihihihiihihihihihihi”
    Oddio sto morendo! Ma come fai a chiedere, oggi, a chi “lavora” di essere competente? 😛

  4. Orso ha detto:

    Lo sai che poi ti spezzano le gambe se apri questo vaso, vero? 😀
    Tutti hanno il loro tornaconto a che tutto resti cosi. Primo perché c’è il guadagno. Poi perché hanno messo in piedi un sistema che banfa la misurabilità ma alla fine è un business basato su “come lo facevano per gli spot e la carta stampata paga e abbozza che se chiedi ti ribaltiamo di supercazzole”. Comunque penso una cosa. Le aziende dovrebbero fare (e lasciamo perdere se sanno farlo o se hanno la più pallida idea di come definirlo come obiettivo) un rapido conto; investo X mi porta Y (la sigla non c’è verso che la imparo). A quel punto se c’è sfarinatura non conta più. Nel supermercato è previsto un tot % di taccheggio. E’ fisiologico. I prezzi sono generati prevendendolo. Perché viene fatto il conto tra costo merce X e guadagno finale Y. E altro pensiero: non è forse tutto il marketing (specialmente nostrano e/o per clienti medi piccoli spendenti) una super fuffa e questo il primo caso in cui si scontra con “la misurazione”? E ultimo: cosa pensi delle piattaforme e/o fornitori di bid automatico su piattaforme ad? Saranno la morte di certi centri media?

  5. lrosa ha detto:

    Questa storia mi ricorda un po’ quella dell’Auditel in cui sempre le stesse 15000 famiglie decidono ogni giorno i costi della pubblicita’ della TV. Tutti sanno che e’ statisticamente una follia e che bisogna ruotare il campione (nelle rilevazioni CATI/CAWI non bisognerebbe fare domande della medesima categoria alla medesima persona con frequenza inferiore s 6 mesi), ma dicono tutti che va bene per evitare di dire che il re e’ nudo.

    • Tom ha detto:

      Pensa che le famiglie Auditel erano 5000 fino a poco fa, e solo ora stanno allargando il campione a 15000 🙂

      • lrosa ha detto:

        Credo fossero partiti da 1000. L’altra aberrazione statistica e’ la forte incidenza di rifiuti (sembra 80%) tra il campione selezionalo, il che rende statisticamente ancor meno rappresentativo il campione attivo.
        In pratica, hai una rappresentanza piu’ significativa se chiedi “cosa hai visto ieri?” surante la pausa alla macchinetta del caffe’. 🙂

  6. Martino Mosna ha detto:

    Avendo lavorato in passato anche per una concessionaria posso confermare che il vizietto di gonfiare era pane quotidiano (si sentivano spesso cose tipo: “la campagna è in underdelivery, dobbiamo dare più pressione, hai sentito tizio se ti mette i codici?” / “sì l’ho sentito ha detto che me li mette su Sitodimerda.com” / “ok va bene”).

    Unica cosa: non si faceva coi bot, ma si facevano girare i banner su parti meno “pregiate” del network pubblicitario, dove le pagine (=spam) e il traffico (=utenti capitati per sbaglio) erano di scarsissima qualità.

    Si parla di un 5-10 anni fa, ma dubito che le cose nell’ambiente siano cambiate molto.

  7. aLe ha detto:

    Due info sul tema:
    – Nell’analisi dati hai accesso ad AdWords (e simili)?
    – Se non lo hai, forniscono dati totali o in dettaglio (display, ricerca, CTR, ecc)?

    • amoilweb ha detto:

      Per quanto ci riguarda le campagne adword non sono quasi mai agganciate al profilo analityc (ma vediamo in termini di provenienza il contributo come search organica e paid).
      Invece il tracking alla concessionaria é visibile e spesso anche rintracciabile chiaramente per tipologia e spesso anche per specifico formato.

      • aLe ha detto:

        Gli argomenti presi in questione nell’articolo sono davvero molti… le concessionarie offrono un servizio con medio-alto budget per campagne magari di sole 2 settimane/1 mese. Un vero bombardamento sui canali di ricerca e display, specialmente se si aggiunge il remarketing.
        Per realizzare in maniera davvero efficace un lavoro del genere ci vorrebbero almeno 10 professionisti a gestire solo le campagne (keyword, keyword inverse, gruppi remarketing, sitelink, mobile, ecc…). Solitamente invece è una sola persona che quindi agisce “come meglio può” a seconda dei risultati richiesti (le view le trovo davvero ridicole, i click lo diventano spesso nel display senza remarketing).
        Pagarne anche solo altre 3 è ancora oggi difficile da far comprendere e accettare, ma grazie anche ad articoli come il tuo potremo arrivarci.
        Se vuoi ci chiacchieriamo di persona 🙂

      • amoilweb ha detto:

        Il tema é molto importante e passa sotto silenzio, anche perché gli “organi” di informazione che normalmente riprendono tematiche analoghe (vedasi tema fake fans ad esempio) non sono minimamente interessati a dare visibilità ad un problema che potenzialmente li riguarda… Facciamo un evento con media, clienti e buyer?

  8. Roman Steiner ha detto:

    Ci sono anche i clienti che di fronte a “meno click di quanti ne abbia fatti l’altra agenzia” reclamano e hanno un blocco mentale il quale gli impedisce di capire che non è esattamente la quantità di click o di impressioni che conta, ma semplicemente costa.
    Quindi ti pregano e istruiscono di fare come l’altra agenzia ed abilitare le campagne anche in India e Cina, sui siti di giochini flash per presentare a questi visitatori il prodotto che costa una decina di migliaia di euro e il trasferimento in Svizzera.

  9. Diz ha detto:

    Ciao,
    Lavoro per un’agenzia di comunicazione che ha nelle DEM il proprio core business.
    Noi siamo quelli che fanno davvero il lavoro, abbiamo il db, al contrario di molti concessionari (perché fra agenzia e centro media c’è il concessionario, che spesso non hanno manco db, ma spacciano per proprio i db di varie agenzie), ma siamo nel mezzo.
    Le campagne a lead a noi arrivano in media sui 2,5€ cpl, come puoi pensare che gli invii vengano fatti senza bot?
    C’è il costo della piattaforma, c’è il costo della persona che fa l’invio, corrente, pc, depauperamento del db, interventi tecnici, assistenza legale, magari acquisizione di nuovi contatti.
    Questo mercato è destinato a morire, i primi nomi importanti già sono usciti, advit, altri ne usciranno a breve (siamo un piccolo cosmo incestuoso, le news le sappiamo prima degli altri!), perché è normale che sia così.
    Non si può chiedere al l’editore che non ha nessuna voce in capitolo ( non crea l’offerta, non crea la creatività, non cura il piano marketing, mette solo a disposizione il proprio database) di sobbarcarsi in toto il rischio della buona riuscita di una campagna, è semplicemente disonesto e il mercato si è adeguato, in modo altrettanto disonesto.
    Detto questo noi non facciamo performance per questo motivo.

  10. Mauro Preda ha detto:

    Per chi fosse interessato all’argomento, consiglio questo articolo datato 15/5/2014:
    http://pro.dbatrade.com/wordpress/smm-traffico-come-ti-spompo-social/

    • Alessandro Vitale ha detto:

      Ci sono arrivati ora? Hehehe.. peccato che i dati che hanno, siano viziati da BOT. Anche per AdWords è lo stesso, dimostrato nei nostri test che è facile “ingannale” i dati di Google e questo vale sia come crawler che come Analytics.

      Riguardo le osservazioni fatte in “remarketing”, vale il medesimo principio, non cambia assolutamente nulla, ma è un fatto che Google non dice qual’è il tasso di traffico robotico che gli advertiser “pagano” in cambio di traffico “non vero”.

      Fino a quando non sarà istituito da parte della AGICOM e della Polizia Postale un reato e riconosciute queste azioni come “criminose”, è la legge dell’editoria digitale, delle assicurazioni, dei grossi tour operator e tanti altri, che faranno i furbi gonfiando ben oltre il sostenibile tutto l’impianto di “advertising” digitale basato su numeri “non reali”.

      Chiedete a Google di fornirvi il “filtro” per tracciare i BOT in Analytics; ne vede 1/3 dei reali quando il sito è in una fascia con scarso traffico, esponenzialmente, si sale fino a quasi oltre l’80% in alcuni settori “popolari”.

      Per resto, la pornografia è stata una gran BOTta di vita per il web…

      Ne parliamo dal 2013, tutti sanno, ma pochi ne parlano!

      Buon web a tutti, state lontani dai social e dai BOT; non sono la stessa cosa? Sicuri??? 😀

      Alex

  11. Nessuno ha detto:

    Anche se siamo nel medi@evo 3.0 vale sempre il vecchio detto popolare: banner e buoi dei paesi tuoi.

Scrivi una risposta a lrosa Cancella risposta